
Si pubblica di seguito la traccia dell'intervento del presidente Salvo Barrano al tavolo tecnico, convocato questa mattina presso la Direzione Generale Archeologia del MIBACT in merito alle linee guida sull'archeologia preventiva.
L'Associazione Nazionale Archeologi trasmetterà ufficialmente alla D. G. un documento con le osservazioni al testo. Il Direttore Generale, dott. Famiglietti, ha comunicato che nelle prossime settimane sarà emanata una circolare che sostituirà la 10/2012. E' stato fissato un nuovo incontro il prossimo 15 maggio presso il San Michele.
Roma, 27 marzo 2015
Alcune osservazioni di metodo
Pur apprezzando l’iniziativa di convocare le associazioni in vista dell'emanazione del provvedimento, chiediamo al Direttore Generale di chiarire da subito se questa consultazione è un passo meramente formale o se nasce dalla volontà di giungere ad un provvedimento effettivamente condiviso, considerato anche che le linee guida – come ammesso dalla stessa D. G. nella mail di convocazione - avranno ricadute molto significative su tutti gli archeologi – in particolare su quelli che operano all'esterno della P. A.
Se l'intenzione è quest'ultima allora invitiamo, da subito, la D.G. Archeologia e il MiBACT ad aderire all'iter previsto dall’art. 7 della legge 241 del 1990 (Legge Bassanini), sulla partecipazione dei soggetti privati alla formazione del procedimento amministrativo.
Com’è noto, la legge prevede l’obbligo della comunicazione dell’avvio del procedimento amministrativo nei confronti delle seguenti categorie di soggetti:
a) i soggetti nei confronti dei quali il provvedimento finale è destinato a produrre effetti diretti;
b) i soggetti che per legge vi devono intervenire;
c) i soggetti diversi dai diretti destinatari ai quali dall’atto possa derivare un pregiudizio.
Pertanto, al fine di scongiurare vizi di legittimità che aprirebbero la strada a ricorsi e quant'altro, invitiamo formalmente la D.G. Archeologia e al MiBACT a dare seguito da quanto prescritto dalla norma, proponendo l’istituzione di un tavolo tecnico che consenta a tutte le parti interessate di poter entrare effettivamente nel merito di questo provvedimento secondo un principio di reale partecipazione e giusta amministrazione. Chiediamo in questa sede un impegno rispetto alla nostra richiesta.
Merito del Provvedimento
Tradimento dello spirito del Codice dei Contratti, ispirato alla Convenzione della Valletta
Rispetto al merito del provvedimento invieremo nelle prossime ore un documento di dettaglio con le nostre osservazione al testo, ma intendiamo fin da ora evidenziare alcuni aspetti di forte criticità: a nostro avviso infatti il testo in esame tradisce lo spirito originario della legge e nello specifico gli artt. 95 e 96 del Codice dei Contratti.
La norma primaria è infatti ispirata a una visione contemporanea, olistica dell’archeologia preventiva, introdotta dalla ratifica della Convenzione della Valletta, mentre le linee guida che ne scaturiscono appaiono improntate ad una visone statalista e centralista.
L’orientamento prevalente in Europa in riferimento all’archeologia preventiva prevede infatti uno schema triangolare che ha ai suoi vertici 3 soggetti:
il developer (la stazione appaltante)
l’archaeological contractor ( archeologo professionista o impresa specialistica qualificata)
l’authority (la Soprintendenza competente).
Chi eroga servizi tecnici e professionali è dunque una figura terza e indipendente soggetta al controllo da parte delle autorità di tutela: questo sistema ha portato molti paesi ad un sistema di “patenti” o “licenze” per esercitare la professione di archeologo. Solo la Francia ha optato per un sistema misto in cui la diagnostica (ma solo la diagnostica, mentre tutti gli altri servizi tecnici e professionali sono sul libero mercato) è affidata ad un Ente Pubblico l’INRAP; il quale all’inizio nel 2001 operava in regime di monopolio; poi in seguito a delle denunce ad opera di società private alla Direzione Generale della Concorrenza della Commissione Europea, è stata approvata una nuova legge statale nel 2003, che apriva alla concorrenza anche sulle attività precedentemente svolte in monopolio dall’Istituto.
La normativa di ispirazione nord-europea mira quindi a responsabilizzare i professionisti del settore rendendoli autonomi e terzi, sottoposti al potere di vigilanza e ispezione dell’autorità di controllo di cui invece viene rafforzato il potere.
Persino in Francia le attività diagnostiche sono affidate ad un ente diverso e terzo rispetto al Ministero, seppur a partecipazione pubblica, a garanzia della sua indipendenza. Viene infatti riconosciuto che in tale assetto si attua una separazione fra “controllore” (l’autorità di tutela) e “controllato” (l’archaeological contractor che esegue le varie fasi dei lavori) che altrimenti finirebbero per sovrapporsi in maniera confusa.
Confusione dei ruoli tra controllore e controllato e rischio di promiscuità
Questa mancanza di chiarezza dei ruoli è uno degli aspetti che con più evidenza si configura nel testo in oggetto, tanto in termini di opportunità quanto di mancata osservanza di norme già esistenti. Da questo discende pertanto una confusione anche della fasi del procedimento, con la presenza dei vari attori in momenti e ruoli difformi da quanto invece la norma stessa prevede.
A puro titolo esemplificativo si cita qui il 3.2 (richiesta di comunicazione all’ente appaltante del nominativo del soggetto ex art. 95 incaricato della redazione della documentazione archeologica quando invece la fase di coinvolgimento del professionista è precedente la consegna del progetto preliminare all’ente di tutela), o ancora le varie proposte di interlocuzione fra ente di tutela e stazione appaltante che configurano possibili commistioni nei ruoli di controllore e controllato tanto nella definizione di compiti delle Soprintendenze Archeologiche e oneri delle Stazioni Appaltanti (3.4) quanto nell’articolazione funzionale del procedimento (4.2) e nello specifico nella prima fase del procedimento integrativa della progettazione preliminare (9.4) laddove si prospetta che, a fronte di una ditta aggiudicatrice di un appalto, i lavori ad essa assegnati possano essere eseguiti direttamente da funzionari MiBACT, con forte commistioni di ruolo fra ente esecutore e ente di controllo.
Da tale impostazione discende ulteriore confusione nell’interpretazione di quanto sin'ora stabilito dalla norma in ordine ai requisiti dei professionisti per svolgere diverse attività (10.3 e 13.1: per le varie fasi della progettazione di scavo archeologico vengono richiesti gli stessi requisiti della direzione tecnica, in palese contrasto con quanto prescritto dall’art. 245 comma del DPR 207; nella progettazione preliminare vengono inserite competenze di altri professionisti in palese contrasto con il medesimo articolo che riserva al solo archeologo la progettazione preliminare, e insieme ad altri professionisti solo nell’ambito della progettazione definitiva).
Compressione e ingiustificato ridimensionamento del ruolo del professionista archeologo
Ai sensi della legge 110/2014 appare ridondante quanto disposto al 10.4 in merito alla sottoposizione alla Soprintendenza da parte della stazione appaltante di una “rosa di nominativi di archeologi ai quali intende affidare il coordinamento dello scavo archeologico” al fine di appurare il possesso dei requisiti tecnici e scientifici dei professionisti per svolgere l’incarico (appare evidente che tali requisiti saranno preliminarmente da inserire nel bando di gara per l’affidamento degli scavi archeologici, e potrà solo essere oggetto di verifica da parte della Soprintendenza, ex post, se il soggetto incaricato dalla stazione appaltante come coordinatore è in possesso dei requisiti preliminarmente indicati nel bando.
Di particolare gravità, per concludere, è quanto si riporta al punto13.1 in base alla possibilità che le ditte si iscrivano nella sezione dell’elenco di cui all’art. 95 c.2, chiaramente riservato dalla legge ai soli professionisti, in palese violazione di legge e in difformità con quanto già sottolineato da precedenti circolari dello stesso MiBACT con circolare n. 17 del 10 settembre 2012 la stessa D.G. aveva già precedentemente chiarito in più sedi che all’elenco potevano essere iscritti solo singoli professionisti, anche se alle dipendenze di ditte (cosa ben diversa).
Questo solo per evidenziare alcuni degli aspetti dissonanti, che saranno di dettaglio a breve argomentati nel preannunciato documento tecnico, la cui rilevanza rende quanto mai indispensabile attuare quanto prima un percorso di metodo quale quello sopra descritto.
In conclusione ribadisco l'invito a codesta Direzione Generale a istituire urgentemente un tavolo tecnico e a sospendere l'emanazione di un provvedimento che – nella redazione attuale - più che rischiare con ogni certezza contribuirà alla paralisi del ministero.