Più donne che uomini, più liberi professionisti che dipendenti, un quadro che presenta ancora difficoltà, ma vede crescere la longevità professionale e salire la domanda, anche grazie alla spinta del Pnrr
L’Associazione Nazionale Archeologi in anteprima presenta i dati al 30° meeting annuale
della EAA - European Association of Archaeologists (Roma, 28-31 agosto).
Più domanda che offerta: a 10 anni dalla Legge 110/2014, che ha riconosciuto la figura professionale, è boom di richieste per gli archeologi in Italia, anche grazie alla spinta del PNRR. A questo dato si uniscono quelli del terzo censimento nazionale condotto dall’Associazione Nazionale Archeologi (ANA), che mostra un quadro in controtendenza rispetto alle risposte fornite nelle precedenti indagini. Una prima sintesi sarà presentata in anteprima a fine mese, in occasione del 30° meeting annuale della European Association of Archaeologists (EAA), che quest’anno si tiene a Roma, dal 28 al 31 agosto, ospitato dall’Università Sapienza.
A fronte di oltre 500 iscritti all’Associazione Nazionale Archeologi, l’indagine ha coinvolto 1080 professionisti italiani, campione rappresentativo su un totale di 5-6000 archeologi attivi nel Paese che detiene la più alta concentrazione di beni archeologici al mondo. Tra conferme e (gradite) sorprese: la professione si dimostra ancora in larga parte femminile (circa il 65,51%), seppur facendo registrare un certo riequilibrio rispetto agli anni passati. Ampia la pletora degli under 40 (63%), alto il livello di istruzione: l’88% ha un titolo post laurea o lo sta conseguendo.
Oltre il 75% lavora nel privato (il 57,34% a partita Iva), come lavoratore autonomo, titolare di impresa o impiegato (a tempo determinato o indeterminato) presso aziende o cooperative. Il restante 25% lavora nel pubblico, ma solo circa il 17% come dipendente. Dal confronto con i precedenti censimenti, il primo svolto nel 2006 e il secondo nel 2011, emerge comunque un’evoluzione positiva: per chi ha conseguito la formazione specifica, l’attività di archeologo è diventata l’unica (76,47% degli intervistati) o quella prevalente (57,32% del restante 25%).
Cresce anche la longevità professionale: se nel 2006 oltre il 50% degli archeologi era in servizio da meno di 3 anni e solo il 5% poteva vantare oltre 16 anni di anzianità, oggi il 20% degli intervistati dichiara oltre 20 anni di lavoro alle spalle e solo il 34% circa è sul mercato del lavoro da meno di 5 anni.
Una crescita che va di pari passo con quella delle mensilità lavorate durante l’anno (nel 2011 il 63% dichiarava di lavorare meno di 6 mesi su 12) e con l’aumento dei compensi: se nel 2011 il fatturato lordo annuo era di circa 15-20mila euro solo nel 12% degli intervistati, oggi si registra un fatturato lordo annuo di circa 18-24mila euro nel 48,57% degli intervistati, registrando però compensi anche di oltre 4000 euro lordi al mese (9,32% dei casi) soprattutto tra coloro che sono nella fascia di età tra 40 e 50 anni.
La strada per un pieno accreditamento della professione di archeologo, però, è ancora lunga. E passa principalmente da tre vie: formazione universitaria, ordine professionale e riconoscimento sociale.
“Il quadro che si delinea grazie ai dati del III Censimento nazionale degli archeologi italiani – spiega Marcella Giorgio, neo presidente dell’Associazione Nazionale Archeologi – ci permette di cogliere appieno la crescita della nostra professione, accelerata negli ultimi anni dagli sviluppi sull’archeologia preventiva, i progressi normativi sul riconoscimento professionale e i progetti PNRR. Questo non significa, naturalmente, che le battaglie del passato siano tutte vinte e che il futuro sia roseo. Il malessere di un passato critico, percepito come ancora molto vicino, ha lasciato una percezione di negatività diffusa in molti colleghi. È, invece, importante prendere coscienza di quanto la situazione si sia evoluta negli ultimi 10 anni, consentendo di fare dell’archeologo un professionista a tutti gli effetti, che vive della sua professione sempre meglio e che, sempre meno, ne sopravvive saltuariamente. In questa maniera possiamo mettere meglio a fuoco gli obiettivi di crescita professionale del futuro: da un mercato del lavoro sempre più sano ed equamente regolamentato dal punto di vista di tariffe e condizioni lavorative, al riconoscimento sociale delle competenze di un archeologo nella gestione di territori e comunità, fino all’istituzione di un ordine professionale che possa riconoscere la complessità della professione di archeologo garantendone i diritti”.
In un’ottica di continuo confronto e sviluppo professionale a livello europeo, che ANA sta portando avanti da diversi anni anche attraverso la creazione di reti associative transnazionali, si inserisce la partecipazione al Congresso EAA di Roma 2024, che promuove il dibattito e la cooperazione tra archeologi europei, unendo ai temi della ricerca e della diffusione scientifica, quelli dell’etica professionale e della protezione del patrimonio archeologico e culturale.